Cesare Battisti, il patriota socialista ucciso per un 'pensiero d’amore'

Pubblicato: Lunedì, 04 Febbraio 2019 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – 4 Febbraio 1875, nasce a Trento una figura simbolo della prima guerra mondiale

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Josef Lang, il boia che aveva avuto il compito di stringerli il cappio al collo, si fece immortalare accanto al suo corpo con un ghigno soddisfatto - assieme ufficiali e soldati austriaci - in una fotografia propagandistica passata tristemente alla storia.

Cesare Battisti non fu lasciato in pace neanche da morto. Quell’assembramento 'allegro' accanto al suo cadavere fu riprodotto in migliaia di copie poi diffuse in tutto l’impero per far vedere come la giustizia austriaca aveva eliminato un traditore, un disertore.

Pochi anni più tardi, però, il nome di Cesare Battisti diventò un’altra cosa: un martire della nuova Italia che aveva combattuto per Trento e Trieste, un nome da celebrare nelle piazze e nelle strade o nella storica ‘Leggenda del Piave’, il brano che diventò un inno per i soldati delle trincee italiane.

Giuseppe Cesare Battisti, patriota, giornalista, geografo, socialista e irredentista, era nato il 4 febbraio 1875 a Trento, periodo in cui la città era parte dell'Impero austro-ungarico. Si era già diffuso allora il movimento di rivendicazione che chiedeva nelle regioni in cui si parlava la lingua italiana, come il Trentino, l’autonomia amministrativa per essere annesse all’Italia. Battisti crebbe in una famiglia dove suo padre, commerciante, e sua madre, nobildonna, lo istruirono e gli diedero un’educazione adeguata. Dopo aver frequentato il ginnasio a Trento, Cesare si trasferì a Graz, ove si legò ad gruppo di marxisti tedeschi per fondare un giornale che venne subito censurato. Poi si spostò a Firenze per frequentare l'università e conseguire una laurea in Lettere nel 1898, quindi una seconda laurea in Geografia. Fu in quel periodo, seguendo l’esempio dello zio materno, don Luigi Fogolari, condannato a morte per cospirazione dall'Austria e successivamente graziato, che abbracciò gli ideali patriottici e irredentisti. Proseguì anche gli studi umanistici a Torino, città in cui esisteva un notevole movimento socialista ai primi passi. 

Si dedicò inizialmente alla sua passione per gli studi geografici e naturalistici, pubblicando le sue "Guide" di Trento e di altri centri della regione insieme al volume "Il Trentino". Parallelamente, però, si occupò di problemi sociali e politici per migliorare le condizioni di vita degli operai, per l'Università italiana di Trieste, l'autonomia del Trentino.

Fondò così il giornale socialista "Il Popolo" (ci collaborò Mussolini) e il settimanale illustrato "Vita Trentina". Nel 1911 si candidò e venne eletto deputato al Parlamento di Vienna (Reichsrat). Tre anni più tardi entrò nella Dieta (riunione del popolo) di Innsbruck. Il 17 agosto 1914, appena due settimane dopo lo scoppio della guerra austro-serba, abbandonò il territorio austriaco e fuggì in Italia, dove diventò da subito un’attivista per l'intervento italiano contro l'Impero austro-ungarico: tenne comizi e pubblicò articoli, poi si trasferì a Milano, seguito qualche giorno dopo dalla moglie e dai tre figli.

Il 24 maggio 1915, l'Italia entrò in guerra e Battisti si arruolò volontario con il Battaglione Alpini Edolo, 50ª Compagnia. Nell'agosto del 1915 ebbe un encomio solenne. In seguito fu trasferito presso un reparto sciatori al Passo del Tonale e successivamente, da ufficiale, al Battaglione Vicenza del 6º Reggimento Alpini, operante sul Monte Baldo nel 1915 e sul Pasubio nel 1916.

Il 10 luglio 1916 il Battaglione Vicenza - formato anche da una Compagnia di marcia comandata dal tenente Cesare Battisti, di cui era subalterno il sottotenente Fabio Filzi - ricevette l'ordine di occupare il Monte Corno, occupato dalle forze austro-ungariche. Durante le operazioni molti Alpini caddero uccisi, altri furono fatti prigionieri. Tra questi, anche Fabio Filzi e il tenente Cesare Battisti. Entrambi, dopo essere stati riconosciuti, furono incarcerati a Trento.

La mattina dell'11 luglio Cesare Battisti venne trasportato in catene attraverso la città sopra un carretto. Durante il percorso, numerosi gruppi di cittadini e milizie, lo bersagliarono di insulti e sputi. Trovò schierate ad ingiuriarlo ai margini delle strade anche delle giovani mogli e vecchie madri rimaste a casa sole, senza mariti e figli, impegnati al fronte: “Hund” (cane), “Canaille” (canaglia). La mattina dopo, il 12 luglio 1916, fu portato davanti al tribunale militare, istituito al Castello del Buonconsiglio. Durante il processo non rinnegò mai quello che aveva fatto. Anzi, ribadì la propria fedeltà all’Italia. Volle essere considerato solo un semplice soldato catturato e non un traditore.

“Ammetto di aver svolto – affermò - sia anteriormente che posteriormente allo scoppio della guerra con l’Italia, in tutti i modi la più intensa propaganda per la causa d’Italia e per l’annessione a quest’ultima dei territori italiani dell’Austria; ammetto d’essermi arruolato come volontario nell’esercito italiano, di esservi stato nominato sottotenente e tenente, di aver combattuto contro l’Austria e d’essere stato fatto prigioniero con le armi alla mano. In particolare ammetto di avere scritto e dato alle stampe tutti gli articoli di giornale e gli opuscoli inseriti negli atti di questo tribunale al N. 13 ed esibitimi, come pure di aver tenuto i discorsi di propaganda ivi menzionati. Rilievo che ho agito perseguendo il mio ideale politico – concluse - che consisteva nell’indipendenza delle province italiane dell’Austria e nella loro unione al Regno d’Italia”. L'ultimo pensiero, l'ultimo atto d'amore.

Alla pronuncia della sentenza di morte per tradimento, per rispetto alla divisa militare che indossava, chiese di essere fucilato anziché impiccato. Il giudice gli negò la richiesta. Non gli fu consentito di scrivere alla famiglia e fu portato al patibolo vestito di rozzi abiti, esposto ai dileggi dei presenti. L'esecuzione avvenne nella ‘fossa dei Martiri’. "Viva Trento italiana! Viva l'Italia!" furono le ultime parole. Karl Krauss usò la foto del suo cadavere esposto come un trofeo nel suo “Gli ultimi giorni dell’umanità”.

La motivazione della sua medaglia d’oro al valore militare recita: “Esempio costante di fulgido valore militare, il 10 luglio 1916, dopo aver condotto all’attacco con mirabile slancio la propria compagnia, sopraffatta dal nemico soverchiante, resistette con pochi Alpini fino all’estremo, finché tra l’incerto tentativo di salvarsi volgendo il tergo al nemico ed il sicuro martirio, scelse il martirio. Affrontò il capestro Austriaco con dignità e fierezza, gridando prima di esalare l’ultimo respiro: ’’Viva l’Italia’’ e infondendo con quel grido e col proprio Sacrificio Santo, nuove energie ai combattenti d’Italia”.