Federico Fellini, un magnifico visionario che regalava sogni. Il suo legame con i Castelli Romani

Pubblicato: Mercoledì, 31 Ottobre 2018 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Il 31 ottobre del 1993 se ne andava un regista planetario ed indimenticabile

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Federico Fellini ha regalato sogni per tutta la sua esistenza, dando origine ad un cinema che era anche gioco ed invenzione.

Un regista che ha saputo creare spazi e immagini: donne dai grandi seni materni e dalle immense natiche, esserini marginali e fiabe. Un destino segnato dalla giovinezza, passata a fantasticare, a guardare il grande schermo come una visione magica e consolatoria, sganciata dalla realtà di un mondo scandito sempre dalle stesse cose, dagli stessi luoghi, dagli stessi avvenimenti.

Il giovane Federico fabbricava maschere, burattini. Poi si nascondeva nell'amore per il circo e i clown. Una prima anticipazione di quella che sarebbe stata la sua arte: un'apparizione festosa, fracassona, ma anche non priva di abbandoni, di malinconie.

La caricatura era nel suo sangue, così come l'autobiografia. Non a caso Marcello Mastroianni fu l'attore che forse più lo identificò nelle sue pellicole. Artista capace di disincanto, era adatto in quei ruoli dove la presenza del protagonista sfumava dentro il racconto.

Fellini ebbe la capacità unica di inventare un linguaggio, esportando addirittura frasi e modi di dire. Una fantasia unica. Bugiardo universalmente riconosciuto, ma non si può dire sia stato un difetto: era un segno della sua personalità. Indolente (costruiva il suo cinema in teatro), ha inventato un genere, un costume e ha importato un'Italia di grande qualità nel mondo.

La sua cifra espressiva è riuscita ad andare dall’ingenuità adolescenziale al riscatto degli ultimi come testimoni di felicità (vedere ‘La Strada”), dalle schizofrenie decadenti della città ne “La Dolce Vita” alla vita di provincia de “I vitelloni”. Quindi i sogni e l’inconscio di “8 e 1/2”, la memoria di “Amarcord”, il finale de “La voce della luna”.

Nato a Rimini il 20 gennaio del 1920, è oggi considerato uno dei più grandi ed influenti cineasti della storia del cinema mondiale. Vincitore di quattro premi Oscar per il miglior film straniero, ha trionfato due volte al Festival di Mosca (1963 e 1987), poi Palma d'oro al Festival di Cannes nel 1960 e il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1985. Si definiva "un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo". E’ stato un personaggio che dalla riviera ha saputo giungere ad Hollywood passando per il cuore di Roma e dei Castelli romani.

L'''Osteria del Fico Vecchio'', del suo amico Claudio Ciocca, a Grottaferrata, fu spesso un luogo in cui ritrovarsi, ristorarsi. Tra il 1956 e 1957 il regista ambientò nelle colline romane le scene del film ''Le notti di Cabiria'' (Premio Oscar). L'intera parte finale dell'opera è girata tra Castel Gandolfo, il lago  e i boschi di ''Palazzolo''. La sequenza ruota tutto attorno alla protagonista, l'ingenua e dolce prostituta Cabiria, interpretata da una strepitosa Giulietta Masina. Il lago e i boschi si mostrano in tutte le scene in un momento di straordinaria bellezza, abbracciati da una natura selvaggia e ancora incontaminata. 

C’è una scena del film “Il tassinaro”, di un grande amico di Fellini, Alberto Sordi, in cui il protagonista Pietro Marchetti, colto dall’euforia di ospitare sul suo 'Zara 87' il celebre regista, spiega bene la visione popolare di chi ha amato le pellicole di questo artista geniale: "Quando racconto alla gente tutti i sogni suoi, che lei fa vedere nei film, quelle scene fantastiche con quelle trippone, quelle chiappone, quelle zinnone, quelle bucione, con tutti quei preti sdentati, tutti vestiti de rosso che corrono in mezzo alla strada, e poi le monache cappellone, e le cavallerizze con le chiappe più grosse del cavallo, e poi i cardinali, i baroni, i conti, i zozzoni, i poveracci, i clown, i pagliacci, coi fischietti, le trombette, piripì piripì. Er vecchio che se perde nella nebbia. Che poi sarebbero tutti i suoi sogni..."

Parlare di Fellini ci restituisce la memoria di un'Italia piena di ambizioni ed aspirazioni che oggi sembra essersi persa nella confusione. Ma parlare di Fellini è parlare di un certo senso della vita. Un senso che questo grande artista aveva intuito, convincendosi che l'unico vero realista è il visionario.