La Barbuta, Alemanno, Marino e Raggi: il fallimento dell’integrazione

Pubblicato: Martedì, 08 Agosto 2017 - Marco Montini

 

ROMA (politica) - Una riflessione su un tema da troppo tempo dibattuto

ilmamilio.it

La Barbuta, da villaggio della solidarietà a insediamento dell’illegalità. Nato per volontà alemanniana nel luglio 2012 il campo rom sarebbe dovuto divenire il fiore all’occhiello del Piano Nomadi ma alla resa dei conti si è trasformato in una polveriera. Siamo nella periferia sud-orientale della capitale, in VII municipio a due passi da Gra e Ciampino. Il campo sorge sotto il cono di volo dell’aeroporto Pastine e sopra una falda acquifera: un habitat ambientale delicato a cui si aggiunge una convivenza forzata, che sa tutto tranne che di accoglienza e integrazione.

FAIDE ETNICHE - Siamo abituati a considerare i Rom come un unicum antropologico: mai errore fu più fatale. Le etnie sono tante, così come le nazionalità ma nella programmazione storica di Roma Capitale questo melting-pot è stato sottovalutato. Ecco dunque che a La Barbuta nel corso degli anni vivono o hanno vissuto rom di origine macedone, bosniaca, italiana e altre nazionalità, anche provenienti dallo sgombero di altri insediamenti. Nel 2013 risultavano presenti 580 persone. Stime diffuse dall’associazione 21 luglio, su dati forniti dall’Ufficio Nomadi del Comune di Roma: “Le abitazioni consistono in case container di due differenti dimensioni. Lo spazio interno all’insediamento presenta criticità, principalmente dovute a forme di convivenza forzata tra famiglie eterogenee e in una condizione di fragilità sociale”.

INCENDI, ROGHI E DEVASTAZIONI - Chi scrive si è recato all’interno del campo, trovando una grave situazione igienico-sanitaria. Sulla strada che si estende all’ingresso del campo sorgono discariche abusive a cielo aperto: carcasse di macchine, frigoriferi, rifiuti creano oasi di degrado a cui Roma non riesce a rimediare. Sono visibili rimasugli e sterpaglie degli incendi che da mesi devastano il campo e che una settimana sì e l’altra pure tengono impegnati protezione civile, forze dell’ordine e vigili del fuoco.

CITTADINI ESAUSTI E ARRABBIATI - A pagare le conseguenze dell’instabilità sociale del campo sono i cittadini di Ciampino e Morena, stanchi e arrabbiati di respirare la diossina, proveniente dai fumi neri dei roghi tossici, e di vivere in un clima di insicurezza non più procrastinabile. I commenti indignati sui social network si sprecano, segno tangibile di una insofferenza di vivibilità al limite. Vivibilità al limite e problematiche igienico-sanitarie che si ripercuotono negativamente anche e soprattutto sui residenti del campo La Barbuta.

ALEMANNO, MARINO E RAGGI: TRIPLA TOPPA - La situazione è dunque ingarbugliata e spetta soprattutto al Comune di Roma risolverla. C’è una distanza siderale tra Alemanno e Marino nell’applicazione delle politiche di integrazione. L’ex sindaco ha approvato un piano nomadi che ai piccoli insediamenti preferisce mega villaggi attrezzati, magari situati ai margini della Capitale. L’attuale primo cittadino, invece, avrebbe voluto uscire dal concetto di “emergenzialità” agevolando i principi di “inclusione”. Elementi rimasti inapplicati. Se Alemanno aveva preso una posizione seppur discutibile, Marino pare nascondere la polvere sotto il tappeto. Morale della favola: entrambi gli amministratori hanno toppato. Stesso destino, almeno sinora, che sta accompagnando l’attuale sindaca Raggi: recentemente è stato varato un nuovo piano nomadi, aspramente criticato da opposizioni e associazioni.

LA BARBUTA “DISCRIMINATORIO”, LA SENTENZA DEL TRIBUNALE - Il 30 maggio 2015 il Tribunale Civile di Roma, definendo in primo grado il procedimento promosso da Associazione 21 luglio e ASGI ha riconosciuto le ragioni delle due organizzazioni e ha confermato, per la prima volta in Europa, il carattere discriminatorio di un “campo nomadi”, luogo ormai riconosciuto, anche a livello internazionale, come spazio di segregazione e di discriminazione su base etnica. “Con una sentenza di grande pregio il Tribunale di Roma ha confermato l’illegittimità delle politiche abitative adottate dal governo centrale e da alcune amministrazioni locali nei confronti dei cittadini rom, riaffermando la necessità di superare non solo i “campi” ma anche qualsiasi altra politica abitativa finalizzata alla marginalizzazione e ghettizzazione del popolo rom”, aveva affermato l’Asgi. Sono passati oltre due anni da quel pronunciamento di tribunale ma La Barbuta è ancora li. E se ne prevede la chiusura – termine da prendere molto con le molle – non prima del 2020. Voi ci credete?