Nel venerdì "folle" di Rocca di Papa anche l'isola di cultura della Rassegna di poesia dialettale
Pubblicato: Sabato, 15 Settembre 2018 - Andrea Croceilmamilio.it - contenuto esclusivo
La giornata di ieri, venerdì 14 settembre, a Rocca di Papa è stata convulsa.
Una macchina ha sfrecciato senza guidatore sul corso, lasciando per fortuna tutti illesi (LEGGI Rocca di Papa, auto si sfrena su Corso della Costituente. Tanta paura ma nessun ferito), e poi sono arrivati fasci e antifa’ a dire la loro su Mondo Migliore. C’erano più celerini che manifestanti e i roccheggiani tra le due fazioni assistevano a questo teatrino sorvolati da un elicottero che aspettava le botte. I migranti non si sono visti né sentiti.
Ma Rocca di Papa è così, ricerca lo scontro ma conosce la pace.
E la pace ieri è stata celebrata in biblioteca, mentre tutto questo stava succedendo, a due passi dal rischio di tafferugli e fumogeni, a due passi dai manganelli.
Sotto la conduzione appassionata di Rita Gatta, si è tenuta per il nono anno consecutivo la “Rassegna di poesia dialettale”.
Un susseguirsi davvero piacevole di poesie recitate da persone frascatane, genzanesi, monticiane, napoletane ma veliterne di adozione, calabresi ma profonde conoscitrici del nostro territorio, roccheggiane di ieri e di oggi.
Poesie che hanno celebrato ora la carciofolata velletrana “senza pelo e ben sfrociata” (la prof. Lucia di Velletri), raccontato i litigi di due madri frascatane che difendevano le proprie figlie dagli insulti delle comari vicolare, che hanno messo in bocca ad una calabrisella (la scrittrice Lina Furfaro) il recente ricordo del crollo del ponte di Genova, che hanno ricordato le mattine alla fontana dell’Angelo di Monte Compatri, Fra Rufino da Veroli ad Albano, Menicuccia da Rocca di Papa e i suoi boscaioli (Anna Giovanetti e Mario Gabrielli), le “ddore de pa’ e de sugu” dei vicoli della regina dei Castelli (Maria Fondi).
Tutto dietro alle parole nascondeva una grande malinconia. Quella per l’“aria bbona” inquinata dalle antenne, per i buoni odori del paese coperti dalle buste di immondizia di chi non sa fare la differenziata. Perché ai poeti è chiesto questo, di reagire a quello che è la vita e il mondo che viviamo con parole che non tutti sappiamo esprimere.
Ed è stato bello uscire da lì con il sapore di una comunità accogliente e consapevole addosso, ripassare per la piazza per andare a casa verso la cena, vedere che ormai s’erano stancati tutti di urlarsi contro, e pure i celerini di stare a guardare quei personaggi in cerca di autore, pure l’elicottero di cercare l’inquadratura giusta.
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