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La Fiera da risistemare: il dibattito a Grottaferrata

12-11-2016

GROTTAFERRATA – Su una cosa i relatori tutti d'accordo: continuando così l'appuntamento rischia di naufragare davanti alle nuove dinamiche

Cosa fare della Fiera di Grottaferrata? Questa è il problema. Un quesito difficile, un nodo complicato da sciogliere. Moderato da Angelo Gregori, ha avuto luogo ieri pomeriggio nel Teatro del Sacro Cuore della cittadina criptense il dibattito ''Ragioniamo insieme sul futuro della Fiera'',  organizzato e promosso da ''La Città al Governo''. La discussione avrebbe meritato una più ampia partecipazione generale delle forze politiche ed associazionistiche della comunità, ma ha ugualmente centrato le criticità di un appuntamento che è declinato lentamente, ma inesorabilmente, negli ultimi anni.

Un concetto è stato sposato da tutti i relatori: se la Fiera non cresce e non viene rivista nei suoi aspetti più vitali scomparirà sotto i nostri occhi nel termine di poco tempo. Rita Consoli, de ''La Città al Governo'', ha sottolineato l'importanza dei ''Tavoli comuni'', metodi moderni e alternativi per alimentare la libertà di contributo sui grandi temi della città. Un percorso di approfondimento salutato anche da Fabrizio De Antoni, autore della relazione introduttiva del pomeriggio. ''La Fiera sta perdendo capacità attrattiva – ha affermato - tant'è che nel 2016 sono state più le critiche che gli apprezzamenti da parte dei cittadini. Su questo appuntamento sono stati fatti solo tre incontri negli ultimi 15 anni. Uno con il sindaco Viticchiè, uno con Ghelfi. Da allora a oggi nient'altro. E' poco''. ''La Fiera di chi è? - si è domandato De Antoni. ''E' dei cittadini – ha proseguito - e del territorio, proprio come dice l'art.7 dello Statuto comunale. Un dovere per istituzioni e città, ma non un peso''.

La Fiera Nazionale non è più strettamente comunale dal 2012. La sua esternalizzazione però non ha conciso con la sua evoluzione. Anzi. I ricavi per il Comune sono passati in brevissimo tempo dai 210mila euro fino al 2014 ai 90mila complessivi negli ultimi anni. Poco guadagno, ricadute nel resto dell'anno assenti. Un problema. Alla crisi del settore fieristico in Italia, si è aggiunta parallelamente l'assenza di collaborazione degli imprenditori e il mancato rapporto con le strategie sovracomunali, con le associazioni di categoria. La Fiera intesa come 'mercatone' è ormai una realtà consolidata da almeno venti anni, avvilita da una scarsa comunicazione. Il risultato, specie nell'ultimo decennio, è che gli espositori sono calati da 240 ai 104 recenti. Complice anche il ridimensionamento dei metri quadri e dei padiglioni.

De Antoni ha concluso: ''Nessuno crede più in questa manifestazione, ma dobbiamo provarci''. Angelo Gregori, moderatore dell'incontro, ha esternato la sua idea sul presente e le prospettive: ''Questa è una Fiera mercato. Ma le caratteristiche della Fiera è quello di promuovere le aziende, un importante strumento di marketing che può far conoscere prodotti nuovi, scambi commerciali. Le Fiere, oggi, sono a disposizione delle aziende che hanno queste caratteristiche. Se noi lasciamo così quella di Grottaferrata, invece, il trend è quello che abbiamo visto. E' una manifestazione lasciata nell'incuria, c'è poco di attinente alle dinamiche commerciali moderne. E' solo la chiamata di venditori che espongono varie merci. Niente di più. Bisogna cambiarla. Una prima idea è riscoprire il collegamento con il territorio per la promozione della piccola e media impresa castellana''. In tale spunto, è considerata un'anomalia dolente aver visto la Fiera trasformarsi mano mano in un elemento estraneo dalla città o percepito come causa di disagi. Coinvolgere di più i cittadini con un piano di comunicazione che li riguarda, ascoltandoli, è una delle vie possibili.

E' intervenuto anche l'ex sindaco Angelo Viticchiè: ''Riacquistare uno stile passa per questi appuntamenti – ha detto- per cercare di superare i campanilismi. Guardiamoci intorno. Il Sistema Bibliotecario, Il Parco dei Castelli romani, la Comunità Montana possono essere dei punti di riferimento, di sostegno. Fare in modo che la Fiera diventi la Fiera dei Castelli Romani è una possibilità da percorrere, dimostrando coraggio nel creare una struttura con questi Enti. Perché sono in grado di offrire economico per poter fare qualcosa di meraviglioso''.

Anche l'imprenditore Massimo De Nicola ha fatto comprendere alla platea quanto il mondo stia cambiando velocemente: ''Il concetto di Fiera campionaria è destinato a morire. Il mondo digitale sta spazzando via chi crede di aver risolto tutto con un'offerta secolare e basta. Prendiamo a riferimento i grandi eventi: tre giorni di durata, mini-fiere di settore con i piccoli produttori. Azioni che creerebbero delle opportunità di lavoro anche per piccoli artigiani locali. O si applicano nuovi concetti, o la Fiera avrà vita molto breve''.

Rodolfo Mariotti ha sottolineato l'importanza del collegato Fiera-Città e le difficoltà che ne conseguono. ''Siamo rimasti ancorati – ha detto - al concetto di Nazionale, ma se il Nazionale collima al concetto di bello è una buona cosa, altrimenti bisogna fare un passaggio diverso. Il 2016 è stata una delle Fiere più brutte percepite dall'opinione pubblica. Si può e si deve migliorare sotto ogni aspetto''.

Rita Consoli, cercando approfondire tutte le riflessioni assorbite, ha affermato: ''Non c'è progettualità, non c'è un archivio. Per raccogliere i pochi dati abbiamo fatto un enorme sforzo. Gli ultimi rilievi delle presenze non sono indicativi e non sono veritieri. Non è importante il numero. Nella Fiera bisogna crederci. La politica, nelle sue funzioni di indirizzo e di controllo, deve infondere nel cittadino la buona pratica, nella convinzione di riuscire a fare rete''. La scelta di uscire da alcuni organismi territoriali, come nel caso ultimo di Grottaferrata con la Comunità Montana, è stata commentata come un episodio negativo, poiché elemento di sottrazione rispetto alle potenzialità da sfruttare. Tema, quest'ultimo, ampliato da Filippo Roncaccia: ''L'obiettivo è quello di arrivare ad una Fiera di sistema, dove i castelli possano avere la loro vetrina, ma anche una Fiera di rete in cui collegare il locale con il globale. A queste serve il riconoscimento nazionale. La Fiera va rinnovata, aprendo un processo di dialogo sulle varie componenti della città perché anche questa manifestazione può dare una prospettiva e per chi lavoro già ce l'ha. Roma ha smesso il suo mestiere, cioè di darci occupazione. Lavorare per la comunità e con le comunità è fondamentale''.

Anna Parisi ha lanciato altresì una riflessione sulla proposta di dar luogo ad una Fiera diffusa nel territorio per inglobare l'intera comunità. Fondamentale, però, ''è uscire dal prodotto attuale, perché non dice più nulla''. Altri spunti, durante il dibattito, hanno fatto emergere la necessità di ricercare la via monotematica ed enogastronomica dell'evento, la qualità dei prodotti, reinserire l'ingresso a pagamento per sostenere i costi e contenere la Fiera all'interno di una condizione di esposizione ricettiva e di spessore che altrimenti mancherebbe con la gratuità a tutti i costi e senza prospettive.

Nel 2017 sarà difficile fare il salto di qualità atteso. La macchina organizzativa, già carente di per sé da tempo, farà fatica ad emergere con il Commissariamento in corso e le poche risorse in campo. Per il 2018 ci penserà il nuovo sindaco. Il fatto che la discussione sia partita in questo autunno potrebbe dare slancio ad una nuova stagione per quello che è ancora, a tutti gli effetti, l'appuntamento più importante dell'anno per la città. Un appuntamento però che sta vivendo una profonda crisi di promozione e di sostanza. Con il rischio di soccombere di fonte all'era del digitale e delle nuove idee che emergono e corrono senza badare troppo alle varie tradizioni o nobiltà secolari.

(La foto introduttiva è di Mauro Capretti)



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