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L'Europa che non piace a nessuno. Tornare a Ventotene?

24-06-2016

Dopo Brexit, il rischio è ora un continente di ''cani sciolti''

L'Europa paga tutte le sue non-scelte, la sua burocrazia, la sua assenza di politica e di dialogo. La Gran Bretagna esce, le Borse crollano. Il sottilissimo filo che teneva unito il vecchio continente della moneta unica o di un mercato dalle diverse velocità mostra tutti i suoi difetti, il suo precoce invecchiamento.

La Costituzione Europea e l'elezione diretta del Presidente della Commissione Europea sono ora due vie di uscita per riportare partecipazione, senso di appartenenza, democrazia diretta, regole e principi comuni. Non disperdere un valore che nella sua filosofia iniziale è ancora straordinario appare fondamentale. Il rischio, però, è ora quello del contagio e dello sgretolamento. In Francia già c'è chi chiede il referendum, la parte repubblicana dell'Irlanda del Nord chiede l'unificazione con l'Eire, in Scozia tirano nuovi venti indipendentisti. La Gran Bretagna è attesa da una sfida comunque difficilissima, i cui esiti oggi non sono definibili.

In Inghilterra anno votato Brexit i poveri, la classe operaia, disoccupati, gli anziani. I giovani invece, hanno votato remain. Sarà anche la generazione di Erasmus, ma hanno assorbito nel sangue la nuova stagione. Dato da non sottovalutare. Un conflitto generazionale che vira fortemente, in prospettiva, verso un'idea continentale completa e non alla nostalgia del 'glorioso passato'.

In un quadro di Carlo Cignani (1628-1719), considerato da molti studiosi dell'arte come il più grande pittore bolognese del suo tempo, viene raccontato il ''ratto'' di Europa da parte di Zeus a Creta. Come narra la leggenda, i due concepirono poi tre figli, tra cui Minosse, fondatore della civiltà minoica e del cammino dell’Occidente. Un lunghissimo viaggio che trovò uno dei momenti più importanti della sua vita durante i tragici avvenimenti della seconda guerra mondiale. Il ”Manifesto di Ventotene” di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, espresse alcuni concetti fondamentali: la pace attraverso il federalismo europeo, la sconfitta di ogni totalitarismo, la ridistribuzione della ricchezza, l’affermazione dell’autodeterminazione dei popoli. Un sogno, mai realizzato concretamente se non attraverso una moneta che non è stata accettata da tutti, basata su parametri impossibili per certe nazioni e vantaggiosi per altre. Poi lo squilibrio, la crisi, la fabbrica della disoccupazione e l'avanzamento della critica sociale ad un modello freddo e scarso di coinvolgimento, avvitato dentro tonnellate di carta e mancante di cuore, solidarietà, reciprocità e valori.

L'Europa dei Popoli non esiste o ha avuto un senso compiuto fino a quando è stata una meta, un'utopia dietro il muro di Berlino, che si portava con sé i vecchi retaggi dei Stati nazionali inglobati nel duopolio atlantico-sovietico. Oggi l'Europa non è fatta più da tedeschi, italiani o francesi di generazione. Il suo tessuto sociale è cambiato rapidamente con l'integrazione di masse di immigrati che continueranno a venire, anche se si dovesse costituire un continente di fortini - peraltro abbastanza poveri - ricco di moneta nazionali e piccole economie di bottega assolutamente fuori competizione rispetto ad una serie di tigri che hanno già divorato il vecchio primato eurocentrista da tempo, dalla Cina all'India.

Siamo diventati, dopo secoli di dominio, un territorio piccolo, provinciale, anagraficamente in declino. Pensarla nuova è un diritto. Disintegrare una missione per avarizia ed egoismo è un errore che apre le porte anche ad una stagione di potenziali conflitti. Perchè si sa che quando ti rinchiudi nel bunker, il rischio di vedere il vicino di casa come un nemico inizia ad essere consistente.

Il popolo inglese ha deciso. Il rischio di un'Europa di cani sciolti, però, è ora il vero problema da dipanare.



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