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Bersani minaccia il ritorno dell'Ulivo. Se il "rinnovamento" del Pd passa anche per i Castelli romani

02-02-2017

FRASCATI (politica) - Il Partito democratico è sempre più nel caos ma sulla breccia rischiamo di trovarci gran parte di coloro che hanno portato il centrosinistra in minoranza. A Rocca di Papa come a Genzano e non solo

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Le file dell'antirenzismo montano in tutta Italia ed i Castelli romani non possono perdere la grande occasione per essere protagonisti. C'è, nel Partito democratico, una grande confusione: di qua e di là. Colpa, pare, della data del ritorno al voto Politico: anzi no, la colpa è del congresso. Di Renzi. Di Bersani, di D'Alema.

Ai Castelli romani lo schieramento è ben definito ed al momento non sembra essersi rinfoltito rispetto all'autunno. Ma insomma ne vedremo delle belle anche qui.

Non può non far sorridere un ritrovato purismo che passa per le frasi minacciose di Pierluigi Bersani, il quasi premier e di Massimo D'Alema, il fu premier (per poco), demolitore di innumerevoli iniziative di centrosinistra. "Se cade il Pd - ha detto insomma il leader piacentino - ritorna l'Ulivo". E non si è ben capito se si è trattato di una minaccia o di una promessa.

Fa sorridere il tutto perché è evidente che la confusione regni sovrana ovunque, ma forse nelle menti e nella compagine dei supposti riformisti in particolare. Spieghiamoci: quando Roberto Speranza venne a Frascati, il 25 ottobre scorso a scaldare i cuori degli adepti dell'ancora (pare) non costituita associazione "Noi domani" (LEGGI l'articolo), l'ex capogruppo alla Camera del Pd fu molto convincente. Era necessario, all'epoca, convincere le nuove leve: non certo i navigati decani della politica locale in cerca di rilancio. Leggasi, tra questi, i vari Carlo Ponzo (animatore del tutto, ai Castelli romani), Pasquale Boccia, Maurizio Querini, Maurizio Colacchi, Luca Lommi, Bruno Romagnoli e tutti quelli che - ad eccezione di Daniele Ognibene - oggi, e spesso da tempo, sono in opposizione nei propri Consigli comunali o non siedono affatto più in alcuna Aula istituzionale.

E perché si trovano in minoranza o fuori dai giochi? A chi è anche addebitabile la sconfitta che li ha estromessi se non a loro stessi?

Nel frattempo, però, complice il ko del "sì" al referendum (e si sapeva bene) la situazione si è complicata ed incarognita: tanto che gli stessi "riformisti", che a livello nazionale sono tutti riuniti sotto il cappello dell'antirenzismo, si ritrovano a puntualizzare. "Speranziano sì, dalemiano mai". E' capitato l'altro giorno quando un antirenzista castellano ci ha chiesto una rettifica. Della serie: in che senso?

C'è di che diventar matti, davvero. Perché se Renzi, in negativo, è il collante di una "schiuma di cappuccino" pulsante, a livello locale siamo al limite del tutti contro tutti. Tragicamente: la mancanza di leader 2.0 a livello locale così come nazionale, porta all'inevitabile ritorno di chi - nel bene e spesso nel male - ha competenze politiche. E la furbizia di capire che mancano elementi forti.

Perché chi aveva il potere (e leggasi in particolare i citati Ponzo, Boccia e Colacchi) cerca una strada per riottenerlo. Cavalcando il malcontento di chi oggi la politica non la capisce, di chi nel Pd che apre ai civici ed al centrodestra in maniera pregiudicata non si riconosce, di chi vorrebbe rivivere l'età dell'oro del centrosinistra, soprattutto per starsene ovviamente nella stanza dei bottoni.

Peccato solo che se il "riformismo" antirenziano sfocia nell'Ulivo, qualcosa tragicamente non torna. Se quell'esperienza elettorale pro Prodi lanciata a metà anni '90, che portò sotto uno stesso... albero il Ds (Democratici di sinistra, per i giovani) e Margherita - e altri - è oggi addirittura rimpianta (e sì che tra i soffocatori dell'Ulivo ci fu lo stesso D'Alema...), più che riformismo faremmo bene a chiamarla restaurazione, ed un bellissimo articolo de La Stampa di questa mattina è illuminante in tal senso (LEGGI l'articolo).

Perché se i riformisti sono gli stessi di 20 anni fa, vecchi una generazione e più rispetto alle giovani leve trascinate all'urlo di "sinistra, sinistra", qualcosa di sbagliato c'è. Ai Castelli romani, a Rocca di Papa, Genzano, Castel Gandolfo e Velletri così come a livello nazionale.

Immagine tratta dal web



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