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Michelina De Cesare: un'idea, un fucile, una fedeltà

30-08-2016

ACCADDE OGGI - Il 30 agosto l'uccisione della ''brigantessa'' che ha affascinato artisti e storici. Il suo corpo fu esposto completamente nudo dai ''liberatori'' piemotensi

Il volto di Michelina De Cesare è giunto sino ai nostri anni, paradossalmente, come quello di una donna moderna, nonostante la sconfitta del suo mondo antico. Nella sua breve vita (Caspoli, 28 ottobre 1841 – Mignano Monte Lungo, 30 agosto 1868) fece uso dell'unico mezzo di comunicazione visiva dell'epoca, la fotografia, per allargare la cosiddetta ''propaganda ideologica''. Le sue pose, arrivate fino a noi, sono tutte in costume tradizionale da contadina o armata di fucile e pistola. Un modo di esprimere femminilità e coraggio, in un'Italia appena nata e divisa da profonde lacerazioni, specie all'interno di quel meridione più annesso che vinto, più conquistato che liberato, espressione di ribellione e rifiuto, in molte aree, del nuovo assetto unitario.

Michelina De Cesare era una brigantessa e morì in combattimento il 30 agosto 1868. Le sue immagini, poco prima, avevano suscitato scalpore, sopratutto perché nel Regno dei Savoia la guerra al brigantaggio era condotta anche con i media, facendo uso proprio della fotografia. I fotografi al seguito delle truppe unitarie venivano chiamati sul posto della cattura o a seguito della uccisione dei ribelli. Michelina, assassinata in uno scontro a fuoco, venne denudata, immortalata ed esposta al pubblico. Lei, una delle eroine della resistenza e della conservazione del Regno delle Due Sicilie, doveva essere umiliata. Il messaggio - macabro ed arrogante - con il tempo ha virato in senso opposto, tanto da suggellare la donna tra le icone di chi oggi guarda la storia del Risorgimento anche con altri occhi e tra chi cerca di riscrivere senza la retoriche ed enfatizzazioni quel delicato passaggio della nascita di una nazione.

Eugenio Bennato, noto cantautore sensibile al recupero delle tradizioni popolari del Sud, ha scritto, ispirato dalla vicenda della ragazza, una bellissima canzone - ''Il sorriso di Michela'' -  che le ha restituito dignità e chiave poetica.

ASCOLTA LA CANZONE 

Nata in stato di povertà a Caspoli, frazione di Mignano Monte Lungo, nella provincia di Caserta, ebbe, secondo le cronache, la De Cesare ebbe un'infanzia disagiata e difficile, in cui ogni giorno ci si doveva inventare qualcosa per rimediare un pezzo di pane. Nel 1861 sposò Rocco Zenga, che morì l'anno seguente. Poi conobbe Francesco Guerra, ex soldato borbonico e renitente alla leva, il quale si diede alla macchia aggregandosi alla banda di Rafaniello, fino a diventarne capo. Michelina lo raggiunse in clandestinità. Secondo altre fonti, i due si sposarono. Ma ella in questi anni, cosa più rilevante sul piano storico, assunse un ruolo nella banda, prima da collaboratrice e poi da guida militare. Una gruppo di 21 individui che adotta tattiche di guerriglia e che conclude ogni attacco disperdendosi alla spicciolata per riunirsi in seguito in punti prestabiliti.

Dal 1862 al 1868 il nucleo di combattenti agisce nel territorio tra le zone montuose di Mignano e i paesi del circondario, compiendo assalti, ruberie e sequestri, anche in un periodo storico in cui in molte altre zone del Sud il brigantaggio era stato ridimensionato attraverso operazioni di mediazione in denaro o, come spesso accadde, con vere e proprie stragi.

Nel 1868 si occupò della zona il generale Emilio Pallavicini di Priola. Ricompense per le delazioni e spiate aiutarono l'uomo del nuovo stato italiano a compiere la sua bonifica. Fu proprio una spia che fece sorprendere nel sonno Michelina con il suo uomo. La donna venne prima ferita dal medico del Battaglione mentre tentava di fuggire, per poi essere finita da un gruppo di soldati. I loro corpi, messi a nudo, furono esposti nella piazza centrale di Mignano a monito della popolazione locale. Fatti di guerra che capitano ancora oggi, quando l'uomo diventa piccolo beandosi del sangue che ha causato. Sopratutto quando è un vincitore di passaggio.

Di Michelina De Cesare è rimasta una grande narrazione che si è tramandata prima oralmente e poi attraverso fonti storiche, che ridiscutendo senza filtri la questione meridionale e del brigantaggio ha saputo riprendere riassegnando al ruolo dei Savoia nella conquista dell'Italia anche toni critici, sopratutto per ciò che concerne l'azione di repressione e liberazione delle campagne o della provincia, ovvero dove il consenso alla creazione di uno nuovo Stato italiano (e piemotese) era basso o persino inesistente. Una revisione dei fatti che purtroppo non è ancora entrata nei testi scolastici o nelle sedi opportune, ma che continua a strisciare in questi anni con sempre maggiore interesse da parte di chi ama sempre leggere la voce dei vinti e quella dei vincitori. Cercando di comprendere dove sia una verità che spesse volte sfugge, ma che sicuramente affascina.  

''E così che va la guerra, così che va la gloria, e da che è Sud è Sud così va la storia, ma la storia di Michela è una storia diversa, perchè nun s'arrende, perchè è brigantessa''.

 



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