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Rocca di Papa, Zitelli al contrattacco: "Vediamo ora chi vuole guanti e caschetti"

28-03-2017

ROCCA DI PAPA (politica) - Il consigliere di maggioranza replica agli attacchi giunti venerdì dai banchi della minoranza facendo ironia nel commentare un intervento di cittadini volontari sulle buche di Roma

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Tirato per il bavero della giacchetta nel corso di una interrogazione letta in Aula venerdì scorso dalla minoranza (LEGGI l'articolo), il consigliere Gian Luca Zitelli passa al contrattacco a suo modo.

Pur non espressamente nominato, l'esponente di maggioranza era stato citato ancora una volta in merito al famoso video ed agli ormai famosi migranti di "Mondo migliore" all'opera in centro storico, a 3 metri da terra, nello scorso ottobre (LEGGI l'articolo). Un utilizzo dei migranti, come ben si ricorderà, che era stato regolato dal famoso "Protocollo d'intesa" firmato tra Comune di Rocca di Papa e Prefettura di Roma che, mai pubblicato dall'Amministrazione comunale, era finalmente balzato fuori a seguito della richiesta di accesso agli atti eseguita da un consigliere di minoranza. Nella lettura del documento, come riportato all'epoca da ilmamilio.it, era emerso che non erano stati rispettati almeno 3 articoli del Protocollo (LEGGI l'articolo del 31 gennaio). A fine dicembre, inoltre, come si ricorderà il responsabile dell'Ufficio tecnico comunale, Rocco Di Filippo, rispondendo ad una interrogazione della minoranza, aveva dichiarato che i migranti impiegati in autunno erano semplicemente "in prova" (LEGGI l'articolo).

Imbarazzato venerdì in Aula consiliare, supportato durante l'attacco ricevuto dai banchi della minoranza dalla collega Laura Fico cui sedeva vicino, Gian Luca Zitelli commentando un articolo di "repubblica.it" in merito ad alcuni interventi sulle asfaltature di Roma di cittadini volontari, su Facebook contrattacca così:

"Speriamo che qualche soggetto contrario a quella amministrazione o qualche eterno candidato mai eletto, pur di ostacolare chi con puro spirito di volontariato e buona volontà vuole fare qualcosa di utile per il proprio paese, cominci a dire che quelle persone non hanno ricevuto una formazione adeguata, non hanno il casco, non hanno i guanti, non hanno le scarpe antinfortunistica, non hanno le funi, non hanno gli occhiali, ecc. ecc. ma soltanto voglia di fare".

Un contrattacco che vale come difesa per essere stato tirato in ballo (pur senza essere stato nominato, ma i riferimenti erano lapalissiani) e che però, fatalmente, appare inappropriata. E non solo perché, nel merito, a Roma a lavorare sono i cittadini e nel centro di Rocca di Papa furono i migranti.

Appare infatti evidente che, come recita il "Testo unico salute e sicurezza sul lavoro" al Capo II, i "lavori in quota" siano materia ben differente dallo spargimento di bitume su una buca. Tanto che l'art 107 definisce i lavori "in quota" quelle attività lavorative che espongono il lavoratore al rischio di caduta da una altezza superiore a due metri rispetto ad un piano stabile.

Dunque, i migranti stavano chiaramente lavorando in quota. E non solo, come definisce l'art.111, dovevano essere dotati di dpi (Dispositivi di protezione individuale), ma il datore di lavoro (in questo caso dunque il Comune di Rocca di Papa) aveva obbligo di dare priorità alle misure di protezione di tipo collettivo. Nel caso, a piazza Cavallotti in ottobre mancavano sia le protezioni individuali che quelle collettive.

 

 



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