Ricerca nell'archivio:

Tomas Milian, un meteorite caduto su Roma

24-03-2017

ROMA (spettacolo) - E' scomparso a 84 anni l'attore che partendo da Cuba passò per Broadway e approdò a Roma, una seconda madre. Un talento straordinario reso popolare per l'epica figura del ''Monnezza''

ilmamilio.it - contenuto esclusivo

Tomas Milian, al secolo Tomás Quintin Rodriguez, era un uomo di una sensibilità particolare perché  – come ebbe modo di dire, raccontandosi - “ferita dal vento”, plasmata dalle emozioni e le interpretazioni, le espressioni del corpo e dell'anima. È morto ieri a Miami, a 84 anni, a causa di un ictus. Era nato nel piccolo villaggio cubano di Marianao, nei pressi de L'Avana, il 3 marzo 1933. E' stato proprio questo il suo fascino unico ed irripetibile: essere cresciuto dall'altra parte del mondo, aver coltivato un sogno attraverso una gavetta impegnativa, aver mosso i suoi primi passi all'Actor's Studio ed essere giunto in Italia, a Roma, immergendosi in una realtà umana e cinematografica che gli stava cucita addosso come fosse sempre stata sua e lavorando con autori come Bolognini, Lattuada, Nanni Loy, Visconti, Lizzani, Maselli Lenzi, Antonioni e per Bruno Corbucci. Quando arrivò in Italia doveva frmarsi per 15 giorni: ci rimase 30 anni. Celebre soprattutto per la sua partecipazione in western e nei film polizieschi, dove impersonava l'ispettore Giraldi o Sergio Marazzi, detto Er Monnezza.

Figlio di un generale dell'esercito del dittatore Machado, Tomas crebbe senza padre fino all'età di cinque anni. Un rapporto complicato, che culminò con il drammatico suicidio del genitore davanti ai suoi occhi, ad appena 12 anni. Così si rifugio a Miami nel 1955, dove studiò inglese, e poi andò a New York, dove riuscì a entrare nell'Actors' Studio di Elia Kazan e Lee Strasberg. E' il periodo dei 'teatri off' di Broadway quando viene notato da Jean Cocteau e Giancarlo Menotti, i quali lo portano in Italia, a Spoleto, per il Festival dei Due Mondi, dove recitò in una pantomima di Franco Zeffirelli.

Tuttavia la prima apparizione cinematografica per Tomas arriva nella ''La notte brava'' e il ''Il bell'Antonio'' di Mauro Bolognini. Da lì un lungo rapporto con il cinema impegnato di Luchino Visconti (Il lavoro, in Boccaccio '70), Valerio Zurlini (Le soldatesse), fino allo spaghetti-western. Lo troviamo in seguito in ''Corri, uomo, corri'' di Sollima, in “Vamos a matar, companeros” di Corbucci, più in là in “Banditi a Milano” di Lizzani e un grande film “cult” come ''Non si sevizia un paperino” di Lucio Fulci, contemplando su questa scia anche “Milano odia, la polizia non può sparare” di Umberto Lenzi, in cui recita la parte di un delinquente sadico e senza pietà in una delle sue migliori prove d'attore.

Del 1976 è "Il trucido e lo sbirro", sempre con Umberto Lenzi, dove appare per la prima volta il personaggio destinato a dargli enorme fama: Sergio Marrazzi, detto 'er Monnezza', ladro nemico della violenza. Scocca la scintilla che progressivamente trasforma il personaggio nel commissario Nico Giraldi, diretto da Bruno Corbucci. "La banda del gobbo", "Delitto al ristorante cinese", "Delitto sull'autostrada" e "Delitto in formula uno" diventano, con il passare degli anni, dei veri e propri fenomeni di massa. In quel periodo fonda con Bombolo, suo amico fraterno, una coppia comica particolare e singolare. Proprio per questo di grande impatto e indimenticabile.

Protagonista anche della commedia all'italiana della fine degli anni settanta, consumato dal ruolo del 'Monnezza', Milian cercò di tornare al cinema d'autore, centrando con “La luna” di Bernardo Bertolucci, nel 1979, il Nastro d'argento come migliore attore non protagonista. Seguirà “Identificazione di una donna” di Michelangelo Antonioni. Alla fine degli anni ottanta torna negli Stati Uniti, dove si reinventa come talentuoso caratterista con Oliver Stone (JFK), Steven Spielberg (Amistad) e Steven Soderbergh (Traffic).

Tomas Milian è stato un grande attore, innanzitutto. Escluderlo da questo merito e relegarlo ai ruoli del Commissario Girardi sarebbe riduttivo. Ed anche se quelle figure, da lui preferite ed amate, furono per lui una terapia, è doveroso riconoscere all'attore “cubano-romano” un talento di grande valore che lo portava a calarsi così tanto nei personaggi da farli sembrare altro dalla prova attoriale.

Diventò più romano dei romani stessi, anche grazie al doppiaggio dell'indimenticato Ferruccio Amendola, grazie ad un indovinato comportamento, ad una  gestualità perfetta, ma anche per quella filosofia di vita che non lo ha mai abbandonato. Filosofia che è stata il suo segreto per girare il mondo e sentirsi a casa tra la Roma più popolare, che lo aveva abbracciato, adottato come un fratello o un figlio. Un amore sempre contraccambiato che rimarrà indelebile per chi ha visto i suoi film e che sicuramente avvolgerà anche coloro che tra un decennio si ritroveranno nella faccia pulita e contenuta dei film di Bolognini, in quella violenta di un bandito, nel barbuto ispettore che mastica gomme e prende a schiaffi i malandrini di quartiere. Tante facce di un universo umano che Milian ha saputo regalarci, donandosi fino all'ultima goccia di sudore e di vita.



Il Mamilio || Proprietario ed Editore: Associazione Territorio || Direttore Responsabile: Marco Caroni || Redazione: Via Enrico Fermi 15, 00044 - Frascati (Rm) - tel. 331.91 88 520 Quotidiano Telematico di informazione www.ilmamilio.it || Non si riconosce alcun compenso o attestazione per articoli e foto pubblicate anche se firmate, salvo differenti accordi scritti particolari Registrato al Tribunale di Velletri n. 14/10 del 21/09/2010 - Copyright © 2024