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Mario Brega, quando il popolo sbarcò a Hollywood

05-03-2017

ACCADDE OGGI – Nasce il 5 marzo del 1923 uno dei ''caratteristi'' più famosi del cinema italiano

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Gli ''attori secondari'', come sono stati definiti, hanno dato splendore e completezza al cinema italiano dell'epoca d'oro. Dal recupero dei volti e delle voci assoribiti dal vivere quotidiano, in certi casi, si è creata la fortuna di interi film. Uno di questi casi fu Mario Brega, pseudonmo di Florestano Brega (Roma, 5 marzo 1923 – Roma, 23 luglio 1994). Era figlio di Primo, falegname ed atleta fondista di valore. Nel 1914 aveva vinto la sua prima medaglia d'oro nei 5mila metri ai campionati italiani di Milano, mentre nel 1922 fu campione italiano dei 10mila metri.

Genuino, verace, simbolo di una romanità sincera, generosa e un po' burbera, Mario non fu una figura secondaria: al suo attivo 48 film dal 1958 al 1991. Aveva esordito a 35 anni con una parte ne “L’uomo di paglia” (1958) di Pietro Germi, maestro dell'esaltazione della genericità. Poi partecipò con una parte più rilevante in “La Marcia su Roma” (1962) di Dino Risi. Grazie alla sua corporatura e alla sua faccia dura, Brega veniva spesso scelto per ruoli e parti dai tratti energici, come quello del cupo ergastolano in 'Detenuto in attesa di giudizio'' (1971) con Alberto Sordi. Appassionato di boxe (Robert De Niro gli regalò una sua foto in ''Toro Scatenato''), interpretò il ruolo di manager nell'episodio ''La nobile arte'' nel capolavoro  di Risi ''I mostri''. Ma è con l'amico Sergio Leone che recita in ruoli importanti, come ad esempio ''Chico'' in ''Per un pugno di dollari'' (1964), ''El Niño'' in ''Per qualche dollaro in più'' (1965) e del caporale nordista Wallace in ''Il buono, il brutto, il cattivo'' (1966). Ottiene anche il ruolo di uno dei due gangster che vanno alla ricerca di Noodles (Robert De Niro), all'inizio di ''C'era una volta in America''.

A 58 anni vive una seconda giovinezza, grazie a Carlo Verdone, il quale conosce Brega a casa di Leone, durante la stesura di ''Un sacco bello''. Verdone individua in lui il padre di Ruggero, il figlio dei fiori della comunità ''Figli dell'amore eterno''. Previsione fulminante ed epocale. Brega interpreta magistralmente la parte. In una delle scene più memorabili, accusato di essere fascista, alza il pugno sinistro e poi quello destro urlando: “A me fascio? Io fascio? A Zoccole'... Io non so communista cossì... So communista cossìiii”. Lo fa con un tono di voce talmente esagerato, e non previsto dal copione, che Verdone decide di lasciarlo nell'opera, regalandonci un cammeo comico e surreale rimasto nella storia della commedia italiana. Brega avrà altri personaggi indimenticabili, come ''Il Principe'' camionista in ''Bianco Rosso e Verdone'' o  quella del padre manesco della fidanzata di 'Sergio Benvenuti' in ''Borotalco''.

È morto a Roma nel quartiere Marconi, dove viveva, il 23 luglio 1994 colpito da un infarto.

Mario Brega ha sempre dato la sensazione che non ci fosse una grande differenza tra l’attore e l’uomo. La generosità che trasmetteva nelle sue interpretazioni erano quelle quotidiane. E i piccoli o grandi accorgimenti dei registi non hanno mai tolto l'impronta di un personaggio entrato, anche in seguito alla sua scomparsa, nell'immaginario collettivo. Profondamente romano, di una Roma che non c'è più, fu un meraviglioso caratterista di un cinema che purtroppo ha un po' perso quelle facce e quegli ''attori di contorno'', come Leopoldo Trieste, Angelo Infanti, Memmo Carotenuto, Tiberio Murgia, Carlo Pisacane, Sora Lella o Ennio Antonelli, solo per citare alcuni nomi tra i tanti, che hanno aiutato l'architettura di pellicola passate alla storia.



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