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Don Zeno Saltini, il prete che voleva un'altra società

15-01-2017

ACCADDE OGGI - Il 15 gennaio 1981 muore il fondatore di Nomadelfia. Un sacerdote contro, in anni di conflitto ideologico

''Siamo stati dei lazzaroni, abbiamo fatto delle guerre, massacrato mezzo mondo, rovinato tutto. E siamo qui presenti a dirvi: non fate come noi, siamo dei falliti. E dobbiamo chiedere perdono perché siamo dei delinquenti esemplari''. Don Zeno Saltini, fondatore di Nomadelfia, era un uomo che spesso non aveva il compromesso delle parole. Quando era il momento di piantare il frutto della verità, non si nascondeva mai e rischiava in prima persona. Sia per proteggere la sua comunità, sia per difendere i suoi ideali, i bambini, i poveri, gli ultimi. Oppure per denunciare le degenerazioni e le diseguaglianze del mondo, come nella frase precedente.

Nato a Fossoli (Carpi) il 30 agosto del 1900, nono di dodici figli, Zeno cresce in una famiglia di agricoltori benestanti. A quattordici anni sceglie di interrompere gli studi e inizia a lavorare nell'azienda di famiglia. Entra così in contatto con la realtà dei braccianti e dalle loro teorie socialiste. Chiamato alle armi nel 1917, conosce la tragica realtà della prima guerra mondiale. Durante il servizio militare, avviene un fatto che gli cambierà la vita: lo scontro con un commilitone anarchico che concepisce il Cristianesimo o la Chiesa solo come un ostacolo al progresso umano. Finita la discussione, Zeno si ritira nel suo letto piangendo. Una lotta interiore che lo porta a giurare a se stesso che cercherà da quel momento di far vedere che il cristianesimo era invece occasione di riscatto reale. E' la crisi che lo scuote. Si laurea in legge alla Cattolica di Milano e inizia ad occuparsi dei ragazzi poveri. A 30 anni diventa sacerdote. La prima messa nel Duomo di Carpi sconcerta tutti: porta con sé un ex carcerato e lo prende come ''figlio''. La sua è la paternità che risana l'abbandono.

Venne nominato poco dopo vice parroco della chiesa di San Giacomo Roncole, frazione di Mirandola. Qui viene scosso dalla morte di un bambino per fame. Il trauma lo porta a concepire un rapporto di solidarietà nuovo, senza assistenza. Raccoglie orfani e ragazzi in difficoltà. E' il 1933: nasce l'Opera dei Piccoli Apostoli, dedita all'accoglienza degli orfani di guerra e dei bambini abbandonati. La sua idea è di creare un popolo, non un orfanotrofio. Aguzza l'ingegno, studia ogni mezzo per sensibilizzare l'opinione pubblica, come ad esempio attraverso il cinema. Ma non basta. Prendendo i suoi bimbi in braccio, a volte ha la sensazione di avere tra le mani dei pezzi di legno, poiché assistiti in verità senza l'affetto primario di una mamma o di un papà. Inizia l'incredibile e straordinario intervento delle ''mamme di vocazione''. La prima si chiama Irene. Sono donne che rinunciano al matrimonio per accudire figli che non hanno mai avuto. Così gruppi di dieci-quindici bambini finiscono sotto l'ala protettrice di queste ragazze che si rivelano di grande spessore umano, di impressionante forza morale e di una fede incrollabile nei confronti della fraternità umana.

Don Zeno è antifascista. Accompagna verso il fronte i renitenti alla leva. I Piccoli Apostoli di San Giacomo Roncole sono diventati partigiani. In sette di loro troveranno la morte. Sono mesi difficili, tormentati, in cui avvengono arresti ma nei quali si riesce anche a far scappare ben cento bambini ebrei in Svizzera. Don Zeno pensa al domani, alla costruzione della società che verrà. Nella Roma già liberata, incontra i vertici della Dc. Ma lui ha un'altra idea rispetto alle aspirazioni del partito. E' convinto che i cattolici si debbano organizzare a favore delle classi deboli ed oppresse, considerando il capitalismo una forma della società inumana. Vuole un partito non ideologico, ma sopratutto la creazione di uno Stato che garantisca la vita a tutti.

Nel 1945 torna a Modena. Parla alle masse, a cui chiede un cambio di rotta, predicando una trasformazione sociale ed economica indirizzato verso coloro che crescono e conoscono l'ingiustizia sociale. Un'ingiustizia che Don Zeno aveva visto da piccolo quando vedeva i suoi compagni di scuola camminare scalzi, anche di inverno, mentre lui poteva permettersi gli scarponi. Per questo, partendo dalla sua formazione e da questa sensibilità, inizia il suo percorso.

Il 19 maggio 1947 Don Zeno occupa l'ex campo di concentramento di Fossoli. Due macchine da presa raccolgono le immagini dei bambini che abbattono il filo spinato. Ancor oggi una visione di grande poesia e potenza. Nasce Nomadelfia. E' un'opera straordinaria di lavoro e di sforzo collettivo. 1600 persone, 800 minori, ma anche spese ingenti. Per questo va spesso a Roma per rimediare il possibile. Il suo ideale di fraternità va oltre ogni preconcetto dell'epoca. La Dc, secondo la sua visione, consacra la prevaricazione borghese e per questo all'interno del partito si è scandalizzati da certi comportamenti. Nonostante il trionfo delle elezioni politiche del 1948, il malcontento del mondo operaio cresce e Don Zeno lo ascolta, così come ascolta le voci di chi non ha parola. Nel 1951 decide di far annullare la scheda elettorale e tutto ciò coincide con l'arrivo dei veri problemi per la sua comunità. Viene processato per truffa, insolvenza e altri reati, ma viene assolto in formula piena.Un decreto del Sant'Uffizio allontana Don Zeno da Nomadelfia e il Ministro dell'Interno Scelba manda le camionette con i militari per ''liberare'' Fossoli. I bambini vengono portati negli orfanotrofi, gli adulti con i figli nei paesi di origine. E' forse questo il risultato di aver provocato Stato e Chiesa, ma in nome del Vangelo.

La comunità si disperde. In ''Non siamo d'accordo'', un libro-manifesto, Don Zeno accusa la Dc di essere contro milioni di poveri e la Chiesa. Su sua richiesta, viene esonerato dai vincoli ecclesiastici. Il suo obiettivo è riprendere la sua battaglia liberamente. Nomadelfia trova rifugio a Grosseto, dove aveva ricevuto in dono una tenuta agricola dalla contessa Giovanna Albertoni Pirelli. E' un periodo di sofferenza, di sopravvivenza, di miserie. Si vive nelle tende, senza luce, senza acqua. Per lavorare la terra bastano mani e carriole. Nel 1954 la Comunità è ricostruita e nascono i Gruppi familiari. I singoli nuclei, infatti, con il passare degli anni, si erano rinchiusi nel privato. Don Zeno rigenera così il tema della mutua solidarietà e dell'amore con una formula di condivisione.

Nel 1962, sotto Giovanni XXIII, la comunità venne eretta a parrocchia e a Don Zeno venne permesso di riprendere l'esercizio del sacerdozio. E' l'inizio di un nuovo itinerario che consolida un modello di società, un luogo dove tutti i beni sono in comune, dove non circola denaro, non esiste proprietà privata e le famiglie sono disponibili ad accogliere figli in affido. Una realtà umana nata per abolire ogni forma di sfruttamento e promuovere una democrazia diretta, un'associazione comunitaria tra fedeli, esempio di fermento in mezzo alla società che la circonda.

''Quando tirerò le cuoia – diceva con ironia nei suoi ultimi anni - sbirciando tra gli ultimi respiri, se vedo qualcuno che piange, gli tiro una scarpa in testa.... Se volete farmi un piacere, accompagnatemi alla vita eterna con un bel valzer! E se per caso, dopo il mio viaggio, a qualcuno passerà per la testa di farmi santo, scendo giù dalla gloria del Bernini e lo prendo a sberle...''. L'uomo, che aveva fatto della sua vita una missione, non voleva lacrime ma un clima di festa. Il viaggio per l'eternità non poteva essere triste.



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