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Gaetano Bresci e il regicidio che cambiò un'epoca

29-07-2016

ITALIA L'uccisione di Re Umberto I ad opera di un anarchico

Nel caldo di Milano, dove ancora non si era spento il ricordo delle cannonate che il generale Bava Beccaris aveva sparato, nel 1898, su una folla che chiedeva pane e lavoro, un tessitore anarchico di trent'anni sta preparando un atto dimostrativo e destabilizzante. E', come si direbbe oggi, un ''lupo solitario'' pieno di ideali. Da non molto è tornato dall'America, dove era andato per sfuggire, come tanti, alla miseria e alle persecuzioni della polizia. Possiede una pistola. L'ha comprata a New York. E' l'unico ''souvenir'' di quel viaggio. Negli ultimi mesi ha maturato un'idea: colpire la massima autorità dello stato sabaudo, Re Umberto I di Savoia. Per la propaganda è il ''Re Buono'', mentre invece per gli insurrezionalisti, gli anarchici ed i socialisti è solo il ''Re Mitraglia''. Il sovrano era già scampato a due attentati, eseguiti dagli anarchici Giovanni Passannante e Pietro Acciarito.

Il 29 luglio del 1900 il monarca è a Monza. E' stato invitato alla serata di chiusura del concorso ginnico organizzato dalla società sportiva “Forti e liberi”. Arriva in carrozza, intorno alle 21.30. In palestra segue con attenzione gli esercizi ginnici, poi la premiazione. Torna sul mezzo trainato da cavalli. È in quel momento che quell'uomo sui trent'anni gli spara tre colpi. I cavalli s’impennarono, la gente urla e fugge. La prima pallottola arriva alla gola, la seconda al cuore, la terza va a vuoto. Il Re muore durante il viaggio di ritorno alla Reggia. Poco prima di essere assassinato, secondo le cronache, aveva detto: ''Era molto tempo che non assistevo in mezzo al mio popolo a una dimostrazione di simpatia così cordiale''. Paradossi.

L'uomo che ha sparato non è più un ribelle anonimo. Ha un volto ed un nome: si chiama Gaetano Bresci e da questo momento rimarrà per sempre nei libri di storia. Dopo l'esecuzione, è da subito circondato. La folla lo assedia, lo tempesta di bastonate, lo vuole linciare. Un giovane lo piglia per le orecchie, un pompiere gli dà un pugno in faccia. Sottratto a stento al furore dei sudditi (così si chiamavano), non si negò di assestare qualche pugno in qua e in là, litigando anche con i carabinieri. Poco dopo affermò: ''Io non ho ucciso Umberto. Io ho ucciso il Re. Ho ucciso un principio''. Ciò che è fatto è fatto. Umberto è morto. Il suo posto viene preso da suo figlio, Vittorio Emanuele III (regnerà per 45 anni).

Gaetano Bresci, fu Gaspero, viene condannato all'ergastolo, ma in tanti lo vogliono morto. Il 22 maggio del 1901 è nel carcere dell'Isola di Santo Stefano. Alle ore 14.55 il secondino che aveva l'incarico di sorvegliare a vista il detenuto, scopre il suo corpo penzolare dall'inferriata. Bresci non aveva dato segni di depressione o volontà autolesive nei giorni precedenti. Le circostanze della sua morte destarono molte perplessità. Sandro Pertini, detenuto al carcere di Santo Stefano durante il fascismo, sostenne in seguito, nell'aula dell'Assemblea Costituente nel 1947, che Bresci era stato ammazzato di botte e impiccato. Secondo i medici che effettuarono l'autopsia, il cadavere, al momento del ritrovamento, era in stato di decomposizione. Persino sulla sua sepoltura non ci sarà mai una certezza. Secondo alcune fonti fu seppellito nel cimitero di Santo Stefano; secondo altre venne gettato in mare.

Dell'anarchico solitario venuto dall'America sono rimaste la rivoltella con cui compì il delitto, la sua macchina fotografica, due valigie di effetti personali. Qualche anno dopo, un altro attentatore isolato, Gravilo Princip, ucciderà l'arciduca Francesco Ferdinando d'Austria, facendo scoccare la scintilla della prima guerra mondiale. A un direttore del carcere che lo voleva trasferire, disse: "Non c'è bisogno di trasferirmi in un'altra prigione. La mia vita sta già scivolando via. Suggerisco di inchiodarmi a una croce e bruciarmi vivo. Il mio corpo fiammeggiante sarà una torcia per illuminare il mio popolo sulla strada per la libertà". In verità l'unica sorte che gli toccò fu di morire in galera. Così come Gaetano Bresci, l'operaio che cambiò la storia d'Italia per vendetta.

 



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