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Moro e Impastato, i fiori del bene in un'Italia distrutta

09-05-2017

Una data che ha segnato la nostra storia nazionale

Il 9 maggio del 1978 per l'Italia è una data terribile, dove il male prevalse sul bene. Da Roma fino a Cinisi il messaggio fu inequivocabile. La nazione onesta e coraggiosa doveva lasciar spazio all'odio e alla criminalità organizzata.

Fu la violenza, politica e non, ma ugualmente segnata da mandanti ed esecutori, a determinare infatti la morte di Aldo Moro e Peppino Impastato. Il primo, crivellato di colpi dalle Brigate Rosse ed abbandonato dentro una Reanult 4 Rossa tra le Botteghe Oscure e Piazza del Gesù, sedi rispettivamente del Pci e della Dc. Il secondo fu fatto esplodere in aria, inscenando un attentato atto a distruggerne anche l'immagine, in cui la stessa vittima apparisse come suicida, ponendo una carica di tritolo sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia.

Il corpo senza vita di Moro ''nascose'' mediaticamente quello del militante di Democrazia Proletaria e accusatore del sistema mafioso della sua zona. Troppo grande fu il rumore dell'assassinio dello statista per dare spazio a quella di un uomo fatto passare per un ''terrorista'' deceduto in chissà quale impeto autolesionista. Poi la verità e la storia ci hanno restituito, in tutta la loro limpidezza, anche le imprese di Peppino e della sua comunità di eroici innovatori contro il puzzo melmoso del potere criminale. La stessa forza cupa e tenebrosa che fece morire Moro, con raffinata ed inequivocabile volontà, cospargendo di sangue la Prima Repubblica e segnandone simbolicamente la fine, oltre un decennio prima di Tangentopoli.

Moro e Impastato. Le colpe di quello Stato che avrebbe dovuto proteggere i suoi esempi migliori, a guardarle oggi, con occhi più distaccati, ci appaiono ancora più gravi. E se l'Italia non è la nazione che sognavano i nostri padri risorgimentali o coloro che costruirono con la lotta e il sangue la Repubblica Italiana è in quel giorno, il 9 maggio del 1978, che forse dobbiamo riscontrare una parte della nostra sconfitta civile e democratica.

Tuttavia va detto che i fiori del bene hanno saputo trasformarsi anche in giardini profumati. E così, fermandoci tra questi odori che sanno di libertà e legalità, di senso dello Stato e civiltà, che possiamo trovare ancora un motivo per non sentirci abbandonati ad un destino di sofferenza collettiva.    



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