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Franco Basaglia, l'uomo che strappò le catene all'emarginazione

11-03-2017

ACCADDE OGGI - Venezia, 11 marzo 1924: nasce un grande riformatore sociale

Franco Basaglia ebbe il pregio di destrutturare il sistema che gestiva la ‘devianza’ e la ‘malattia mentale’, un meccanismo che invece di recuperare e curare le persone, le opprimeva e le isolava in una disumana realtà.

Psichiatra e filosofo, è stato uno degli intellettuali italiani più fervidi del novecento. Fu uno sperimentatore, un uomo che diede origine ad una cultura che mirava alla creazione di azioni capaci di ridare dignità alle persone, contestando quei luoghi di cura che si trasformavano in uno strumento per sorvegliare, punire, assistere alla morte.

Quando Basaglia nel 1961 entrò come direttore nel manicomio di Gorizia, cominciando il suo percorso rivoluzionario, la società italiana era ancora quella del 'boom economico', ma anche del lento declino che stava conducendo verso la prima crisi economica del dopoguerra, emersa, anche, a causa di una crescita sregolata e avvenuta in modo difforme dal nord al sud. In quell'Italia, fatta di disastri, di nuove povertà, di alienazioni, corse al denaro e di sganciamenti irreali dalla quotidianità, si diventava matti perchè si era rimasti soli nelle campagne o perchè si era abbandonato la terra d'origine, oppure si veniva ingoiati dalla follia perchè si passavano ore su ore nella catena di montaggio o nell'isolamento delle periferie torinesi, genovesi, milanesi. Si diventava ''matti'' perchè un bravo contadino poteva non diventare un operaio di produttività qualitativamente alta. Perchè, sopratutto, una fabbrica non si coltivava: era lei che ti inglobava e ti usava, anche se ti dava l'opportunità di mangiare e vivere.

Basaglia è colui che volta pagina, costruisce il dopo facendoti ricordare che cosa c'era prima, assolutamente inattuale, superato, mostruoso. Lui dimostrò con l'esempio che era possibile vivere in una società senza manicomi in cui carcerare le vite. Fondatore della concezione moderna della salute mentale, riformatore della disciplina psichiatrica, ispiratore della cosiddetta Legge 180, introdusse un'importante revisione degli ospedali psichiatrici e promosse notevoli trasformazioni nei trattamenti sul territorio. Superò la semplice visione positivista e sostenne che il medico non doveva solo saper osservare la malattia, soffermarsi sui sintomi, darne una spiegazione. Il medico doveva iniziare ad avvicinare il paziente mettendosi dalla sua parte, stabilire una relazione con un ascolto partecipe senza temere l'esperienza della sofferenza. Basaglia ndicò quindi l'urgenza di migliorare la gestione e la custodia dei malati mentali e da questa analisi maturò la critica radicale dell'istituzione del manicomio, inteso luogo di emarginazione, mettendo al centro le disparità della ''malattia'' tra poveri e ricchi. Disse: ''Uno schizofrenico abbiente, ricoverato in una casa di cura privata, avrà una prognosi diversa da quella dello schizofrenico povero, ricoverato con l'ordinanza in ospedale psichiatrico. Ciò che caratterizzerà il ricovero del primo, non sarà soltanto il fatto di non venire automaticamente etichettato come un malato mentale "pericoloso a sé e agli altri e di pubblico scandalo", ma il tipo di ricovero di cui gode lo tutelerà dal venire destorificato, separato dalla propria realtà''. Parole che hanno cambiato l'Italia.

Il medico si convinse nella sua attività che il ''folle'' non aveva bisogno non solo delle cure, ma anche di un rapporto umano con chi lo curava, di risposte, di denaro, di una famiglia. Riscoprire la dimensione più misteriosa dell'essere umano diventò la sua missione. Perchè la follia non è una malattia e Basaglia, che lo aveva capito, convinse la politica e gli italiani a cambiare, partendo da una certezza: non si può trasformare il mondo senza trasformare se stessi, senza esporsi al rischio di diventare altro da ciò che si è.

Una delle frasi più celebri dello psichiatra veneziano è: ''La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione''. A distanza di molto tempo dall'applicazione dei suoi insegnamenti di civiltà, la più grande delle verità è rimasta attuale.



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